Il giornale telematico www.strettoindispensabile.it ha pubblicato un'intervista fatta da Alessandra Verzera a Pino Martinez.

Uscire dalle sabbie mobili: Brancaccio.
Un giorno nella vita di un quartiere.

di Alessandra Verzera

28 febbraio 2002

Brancaccio e' uno dei quartieri "caldi " di Palermo; uno di quei quartieri che i cronisti di nera definiscono "ad alta densità mafiosa".
Un quartiere deturpato: una zona popolare periferica della città puntellata da capannoni industriali e strutture in lamiera; le povere industrie dell'hinterland palermitano. Mercatini e carrettini, venditori che " vannianu" le merci.
L'atmosfera a Brancaccio è greve, pesante: anche a non saperlo ed anche a non essere di Palermo, qualcosa in quel posto ti suggerisce che il quartiere e' gestito dalla mafia. Vessato dalla mafia. La povertà e' pregnante: l'abbandono scolastico elevatissimo quanto il tasso di disoccupazione. Questo e' Brancaccio : o almeno lo era. Li lavorava un prete, che si chiamava Pino Puglisi: uno che disturbava il potentato della zona. Uno sulle cui sorti qualcuno si riunì e discusse, decidendo che per il parroco era scoccata l'ora.Ma perché disturbava Don Pino? Perché l'attenzione del Gotha mafioso era convogliata sulla figura dimessa di quel piccolo prete di quartiere ? Cosa faceva Don Pino che inquietava tanto i mafiosi di rango?
Don Pino informava, delineava, rimarcava, demarcava : parlava di mafia ed insegnava ai giovani come restarne fuori. Metteva paletti : paletti forti.
E a piantare quei paletti lo aiutavano in tanti : la parte sana di quel quartiere.
Era l'epoca dei parroci di frontiera: li si era chiamati cosi' dopo le stragi Falcone e Borsellino di circa un anno prima, quando i preti avevano finalmente preso in mano la situazione ed avevano deciso che toccava a loro parlare alla gente. Insieme a Don Pino diversi altri, tra cui Don Paolo Turturro cui si deve l'iniziativa di bruciare armi giocattolo nella piazza antistante il Carcere dell' Ucciardone. E poi Padre Cosimo Scordato, Don Baldassare Meli ed altri.
Era successa una cosa davvero ragguardevole : la Chiesa aveva sconfessato l'affermazione secondo cui la Mafia era una marca di detersivi ( aberrante affermazione del Cardinal Ruffini, nda ) ed era scesa in mezzo alla gente a farle scudo; a dirle chiaramente da cosa doveva guardarsi e da cosa doveva tenersi a debita distanza.
Lo fece anche il Santo Padre nel maggio del 1993 da Agrigento e Trapani: aveva chiamato i mafiosi come tali e li aveva esortati alla conversione.
Per la prima volta la parola "mafiosi" sulle labbra di un ministro di Dio: una svolta epocale.A Palermo il Cardinale dell'epoca era Monsignor Salvatore Pappalardo.
Da maggio a settembre si decise della vita di un prete ; l'unico che la mafia abbia mai ucciso.Don Pino faceva una cosa intollerabile : toglieva troppi ragazzini dalle strade, insegnava loro a vivere sia pure tra mille difficolta'. I ragazzini e le ragazzine dei palazzoni abituati a rubare e a risolvere le questioni con la violenza, così come erano stati educati in famiglia, venivano formati dalle suore e dai volontari del Centro d'Accoglienza fondato da padre Puglisi, a vivere nel rispetto degli altri a sapere chiedere scusa; qualcosa di inaccettabile e di rivoluzionario per la mentalità di quella gente.In altre parole prosciugava la palude cui la malavita attingeva a piene mani. Doveva morire. E mori'.
La sera del 15 settembre del 1993: freddato da un colpo di pistola alla nuca.
Ma non mori' del tutto, come d'altra parte era già accaduto per i giudici Falcone e Borsellino.Restarono in diversi a "far finta" che Don Pino non fosse mai morto.
Un gruppo di uomini e donne affatto preoccupati del fatto che in quel loro quartiere vivessero ed operassero personaggi di alto lignaggio mafioso.
Si costituirono in un'associazione: l'associazione intercondominiale.
Ma chi fossero i loro vicini di casa lo sapevano bene: e ben presto se li trovarono alla porta.
Ma i " mammasantissima" non bussarono a quelle porte : le bruciarono . ll 29 giugno 1993, due mesi e mezzo prima dell'omicidio di padre Puglisi furono bruciate le porte di casa a tre componenti del Comitato Intercondominiale , Mario Romano, Giuseppe Guida e Pino Martinez. Un atto di chiaro stampo mafioso che il killer di padre Puglisi, Salvatore Grigoli, oggi collaboratore di giustizia, ammise di avere compiuto insieme a Spatuzza, Mangano ed altri per ordine dei fratelli Graviano, boss di Brancaccio. Lo stesso Grigoli raccontò che l'atto intimidatorio nei confronti dei tre fu commesso per farli recedere dall'impegno sociale per il quartiere e nel contempo chiaramente si lanciava un segnale a padre Puglisi.
Se pensavano pero' di tappare molte bocche fecero un grave errore di valutazione : quell'associazione infatti - non solo continuo' nella sua attivita' di denuncia e contrasto al fenomeno mafioso- ma si costitui' parte civile al processo contro i sicari di Don Pino e verosimilmente gli stessi responsabili dei danneggiamenti e degli atti intimidatori nei confronti dei condomini: processo attualmente in corso di svolgimento e giunto alla sua quarta udienza.
Pino Martinez e' uno dei " coraggiosi" a cui non piace che la gente lo accomuni a quella " densita' mafiosa" presente a Brancaccio : Martinez e molti altri sono quelli che si oppongono alla logica della resa incondizionata.
Sono quelli che non accettano passivamente che la storia sia già stata scritta e che sia per tutti uguale.
Sono la prova del fatto che la speranza di riscatto esiste ovunque, anche quando i vicini di casa uno dopo l'altro ti tolgono il saluto. Ma quella è la " densità" : non fa testo.


Martinez, dopo l'assassinio di Don Pino cosa e' successo a Brancaccio?

"Sono successe tante cose: l'omicidio di padre Puglisi è costato molto caro ai mafiosi, infatti, sono stati arrestati i boss di Brancaccio, i fratelli Graviano, e il loro sanguinario gruppo di fuoco, Grigoli, Spatuzza, Mangano e tanti altri. Sono stati arrestati anche i loro referenti politici, il Presidente del Consiglio di quartiere Cilluffo, e l'ex Assessore del Comune di Palermo ed ex Senatore Inzerillo, giudicati in altri processi per reati che non hanno a che fare con l'omicidio di padre Puglisi.
Ma un'altra cosa importante è avvenuta il giorno dopo l'omicidio del nostro parroco: molti di noi hanno scoperto di non essere omertosi così come vengono giudicati i siciliani da larga parte dell'opinione pubblica. Davanti agli organi inquirenti non abbiamo esitato a raccontare tutto quello che sapevamo. Di questo ci è stato dato atto dai Giudici nella motivazione della sentenza del processo per l'omicidio di padre Puglisi.
Quello era il momento i cui la Chiesa le Istituzioni, la Politica e la Cultura dovevano sapere appoggiare quei fermenti presenti a Brancaccio per aiutare a condurre un impegno nella continuità di quello che padre Puglisi e il Comitato Intercondomniale avevano iniziato. Non è stato così e oggi i risultati sono sotto gli occhi di tutti."

" Perche' e' stato ucciso quel parroco?"

"Padre Puglisi è stato ucciso perché ha dato forza alla nostra richiesta di riscatto sociale, civile e morale. Perché ha svolto la sua missione di prete con coerenza: promuoveva concretamente il rispetto della dignità di ogni uomo, per questo realizzò il centro d'accoglienza "Padre Nostro". Non consentiva ai personaggi equivoci di occupare posti di responsabilità nelle varie attività della parrocchia. Condannava apertamente la mafia sostenendo che chi usa la violenza, chi si impone con la forza, chi uccide non può essere cristiano. Muore perché questo sodalizio, padre Puglisi-Comitato Intercondominiale, stava diventando un modello di impegno sociale credibile agli occhi di tanta gente di Brancaccio che cominciava a rivolgersi a noi per chiedere di risolvere i problemi collettivi, piuttosto che al sodalizio politico-mafioso Inzerillo-Graviano."

" Lei ed altri due suoi amici, in particolare, eravate vicinissimi a Don Pino: cosa e' rimasto del suo testamento non scritto?"

"Credere fermamente nella legalità e nella giustizia perché affermando questi valori si può sperare in una società dove la dignità dell'uomo non sia calpestata. Dal punto di vista della fede, per quanto mi riguarda, mi ha dato tanto e ha dato tanto anche ad altri. Grazie a lui credo fermamente in Cristo ed ho la forza di lottare."

" Lei non abita più a Brancaccio : ha temuto per la sua incolumita' ?"

"So con certezza che la mia vita era in pericolo, ma non è questo il motivo per cui sono andato via.Fino al 1996 il Comitato Intercondominiale ha tentato di collaborare con il successore di padre Puglisi, padre Golesano, ma poiché lui preferiva condurre le attività del centro e della parrocchia attraverso i legami con la politica, abbiamo preferito interrompere la collaborazione. Padre Puglisi e noi condividevamo l'idea di non farci condizionare nelle nostre attività dai partiti e dalla politica."

"Quale e' la situazione nel quartiere oggi?"

"Dal punto di vista sociale, morale e civile le cose non sono migliorate. Si avverte che la gente è tornata ad essere indifferente e preferisce farsi i fatti propri. Grazie al sacrificio di padre Puglisi nel gennaio del 2000 è stata finalmente consegnata la scuola media inferiore per la quale il nostro parroco e noi ci siamo tanto battuti. La nostra speranza e che da questa scuola possano venire fuori giovani di sani valori capaci di lottare per cambiare un giorno il quartiere."

" Quanto e' ancora forte la presenza mafiosa nella zona?"

"Anche se i Graviano sono in carcere continua ad essere pressante la presenza della mafia. A Brancaccio tutti continuano a pagare il pizzo. Molti sono i giovani, se non addirittura famiglie intere, che finiscono in carcere perché scoperti a spacciare droga. Il fatto che non si spara non ci deve fare pensare che la mafia è sconfitta."

" Dopo l'arresto di sicari e mandanti e quindi la decapitazione del vertice che comandava a Brancaccio, quali sono gli assetti odierni?"

"Gli assetti odierni non so quali siano, ma ritengo che non si possa escludere che il dominio dei Graviano continui attraverso un loro reggente. Ricordo, quando abitavo là, che l'influenza di questa famiglia nel quartiere era abbastanza forte."

" Lei ha mai paura?"

"La paura c'è ma bisogna dominarla. C'è anche però il desiderio di non farsi calpestare la dignità e di vivere liberi da ogni paura."

" Lei crede che dopo i primi entusiasmi l'attenzione verso il fenomeno mafioso sia scemata?"

"Senza dubbio è scemata".

" Anche i parroci che erano in prima linea adesso sembrano avere battuto in ritirata: che segnale rappresenta cio'?"

"Credo che la linea che porta avanti la Chiesa oggi a Palermo sia quella della normalizzazione.
Non è un caso il padre Golesano entrato nelle stanze del palazzo del potere politico.
Padre Puglisi con la sua morte porta ad interrogare la Chiesa e per molti preti imitarlo probabilmente è scomodo"

" Il processo in corso : come si sta svolgendo?"

"Siamo giunti alla quarta udienza, che si svolgerà il 21 marzo prossimo, e noi dell'Associazione Intercondominiale siamo contenti perché non ci siamo sentiti isolati come è successo nel corso della prima udienza. Attraverso il tam-tam di internet siamo riusciti a fare giungere la nostra voce a semplici cittadini, associazioni, scuole e figure istituzionali. Agli atti del processo ho fatto mettere una mia memoria di oltre 80 pagine che racconta i nostri tre anni di attività svolti a Brancaccio accanto a padre Puglisi. Questa memoria, dal titolo "Noi a Brancaccio", può essere consultata collegandosi al sito web: www.angelfire.com/journal/puglisi ."